Sato o mojin, erano figure predilette dagli
artigiani e le scene di vita quotidiana erano
richieste nelle aree urbane da acquirenti che
prediligevano soggetti appartenenti alla loro
classe sociale soprattutto se i temi erano
trattati con realismo e umorismo. Fin dall’VIII
secolo girovagavano per tutto il paese come
cantastorie e musicanti ambulanti
accompagnati dal suono della biwa o del flauto
o delle bacchette, come massaggiatori (anma),
avendo acquisito grande sensibilità tattile, dei
quali si era soliti saggiare la forza collocando
davanti all’ingresso di casa una pesante pietra
che doveva sollevare prima della prestazione, o
in atteggiamento divertente; e anche come
cacciatori di topi, una figura professionale
comune nel Giappone antico, per l’abituale
famigliarità con l’oscurità della notte, vestito
solo di un perizoma per fare capire ai clienti
che era ancora a letto al momento della
chiamata al fine di estorcere un compenso
maggiore. Di solito raffigurati con un occhio
gonfio e uno chiuso e un bernoccolo sulla
fronte: particolari che denotano il primo stadio
di decadenza della vista. Dal XVI secolo si
organizzarono in corporazioni la più importante
delle quali, dal XVI secolo fu la Todoza alla
quale appartenevano quei ciechi che
arricchitisi praticarono anche l’usura;
considerati spregevoli per anteporre il loro
interesse su tutti spesso sono raffigurati litigiosi.